Itinerario - 2° parte

 

 

Zona dei Teatri e Foro Triangolare (9)

Sul Foro Triangolare (che prende il nome dalla sua forma geometrica) si trovano i resti del sacello più antico, un tempio italico in stile dorico del VI sec. a.C., che ha subito diverse trasformazioni. L’ingresso era dalla Via dei Teatri, dove un vestibolo a sei colonne ioniche ne costituiva la facciata monumentale. Fu costruito come il Foro Civile nel II secolo a.C.. Il porticato interno, di 95 colonne doriche, circonda l’area del tempio arcaico con colonne in calcare. In origine era consacrato ad Ercole, più tardi ad Atena (Minerva). Crollò, probabilmente nel II secolo a.C., per corrosione del pendio meridionale di Pompei. Le rovine del tempio e la fonte sacra – alla quale successivamente, in epoca sillana, venne aggiunto anche un heroon – vennero cinte in epoca sannitica con un portico dorico di tufo, che veniva utilizzato per attività sportive e ricreative. Già nel III sec. a.C. accanto al Foro Triangolare venne costruito, nella cavità del pendio, un primo teatro greco e, in epoca sillana, ne venne costruito un secondo, coperto. Il Teatro Grande venne completamente ricostruito nel II sec. a.C. nello stile del periodo tufaceo. Sul lato di questo teatro c’era un grande portico di tufo che serviva da ridotto per gli spettatori. Dopo il terremoto del 62 d.C. il peristilio del teatro venne trasformato in una scuola per gladiatori, con campo di esercitazioni. Sempre in età sannitica esistevano una palestra, un sacello di Iside e un piccolo tempio di Zeus. Dopo il 62 d.C. la palestra venne ridotta a vantaggio del ricostruito Tempio di Iside

 

Casa del Criptoportico (10)

La casa  prende il nome da un lussuoso corridoio coperto (criptoportico), che nell’ultimo periodo della città venne adibito a deposito, come dimostra il rinvenimento di una sessantina di anfore vinarie. Il corridoio sotterraneo a tre ali fu creato per passeggiare, quando fuori era maltempo. Il proprietario fece ricopiare alle pareti una pinacoteca. La decorazione mostra uno zoccolo a meandro ed una parete a grandi  lastre rosse (ortostati) inquadrate da erme; nella parte alta sono dipinte scene della guerra di Troia, dalla Peste nel campo acheo fino ai Giochi funebri in onore di Patroclo. Al centro della parete di fondo si trovava la raffigurazione della fuga di Enea da Troia con il padre Anchise ed il figlioletto Iulo. Tale scena costituiva l’anello di congiunzione fra il mito greco e la storia di Roma; fu infatti a seguito della caduta di Troia e della fuga di Enea verso le  coste del Lazio che il figlio Iulo fondò Alba Longa, dalla quale sarebbe sorta Roma. La stessa storia costituisce il tema principale dell’Eneide di Virgilio. Nell’abitazione è presente un piccolo impianto termale privato. Nel giardino della casa si rinvennero numerosi calchi fra i quali quello di una madre che protegge la figlia e quello di uno schiavo con un ceppo alla caviglia.

 

Casa del Menandro (11)

Questa casa, come quella degli Amorini, apparteneva a Quinto Poppeo, della influente famiglia dei Poppei, imparentati con l’imperatrice Poppea Sabina. Nell’angolo a destra dell’atrio è posto un larario in forma di tempietto. Sull’atrio si apre una sala decorata con quadri del ciclo iliaco: Ulisse che strappa Cassandra dal Palladio (ma è Aiace nella versione omerica), Cassandra, il Cavallo di Troia e Laocoonte. Il giardino (peristilium) è chiuso da un parapetto decorato con aironi. Sul lato nord si apre l’oecus a fondo verde, chiuso in alto da un fregio con il ratto delle donne dei Lapiti da parte dei Centauri. Al centro del pavimento, un quadretto a mosaico raffigura pigmei sul Nilo. Sul  fondo del giardino, vi sono una biblioteca, un sacello domestico ed un’esedra rettangolare inquadrata da due ad abside. Nell’esedra centrale sono dipinti due poeti seduti: quello che declama è Menandro e l’altro era, probabilmente, Euripide. Le esedre ad abside sono decorate con Artemide e con Afrodite. Il sacello domestico contiene un larario in muratura sul quale sono posti i calchi dei ritratti in legno degli antenati (imagines maiorum). Sul lato orientale del giardino vi sono le sale di ricevimento. Al centro si apre un immenso salone (oecus  triclinare). La casa è dotata di un piccolo quartiere termale. Nella stalla (equile) è esposta la ricostruzione di un carro agricolo (originali solo le parti in ferro e in bronzo). Una cassa con 118 pezzi di argenteria per un peso di 24 chili, venne nascosta nei sotterranei della casa. Gli argenti sono esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

 

Casa di Loreius Tiburtinus (12)

La casa, con l’ingresso su Via dell’Abbondanza, viene attribuita a Loreio Tiburtino o a Decimo Ottavio Quartione, del quale si è rinvenuto il sigillo. Un elegante ambiente sul giardino è decorato con fregi che illustrano le spedizioni contro Troia: nel fregio più grande è raffigurata la spedizione mitica di Eracle contro Laomedonte; nel fregio piccolo quella storica dei Greci contro Priamo. Il proprietario si fece ritrarre su di una parete della casa come un sacerdote di Iside ovvero calvo e con una lunga tunica di lino (linigerus calvus). Inoltre fece costruire nel giardino una lunga piscina (50 metri) a forma di fiume (eurípus), decorandola con statue egizie (ibis, bes, sfinge, leoni). Si è supposto che gli iniziati ai misteri isiaci si riunissero per assistere ad inondazioni artificiali del giardino che simulavano quelle sacre e fertili del Nilo.

 

Villa e Terme di Giulia Felice (13)

La dimora fu scavata nel secolo XVIII e riportata alla luce negli anni 1952 – 1953. E’ munita di un  vasto ed elegante giardino con portico retto da pilastri di marmo. Al centro si apriva il triclinium estivo con letti di marmo ed una fontana a cascata. Per un secondo ingresso si accedeva al bagno (balneum) che, come si apprende da un annuncio alla porta, era dato in affitto assieme ad una parte dell’abitazione: “Da Giulia Felice, figlia di Spurio, si fittano a gente perbene un bagno elegante, degno di Venere, botteghe con abitazioni soprastanti ed ammezzati dal primo agosto  prossimo. Alla fine del quinquennio la locazione scadrà”. Evidentemente Giulia, di nobile e ricca famiglia, non esitò a subaffittare parte della casa per rifarsi delle spese compiute per i restauri dell’edificio dopo il terremoto del 62 d.C.. Un dipinto con Apollo e le Muse è esposto oggi al Louvre, mentre gli altri dipinti sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 

 

Anfiteatro (14)

L’anfiteatro di Pompei è il più antico di quelli che conosciamo nel mondo romano. Venne costruito dopo la fondazione della colonia (80 a.C.) per iniziativa dei duoviri Caio Quinzio Valgo e Marco Porcio, gli stessi che fecero costruire l’Odéion. Dopo il terremoto fu restaurato su commissione dei duoviri Caio e Cuspio Pansa, padre e figlio. L’edificio fu eretto in un’area periferica per evitare l’intasamento del traffico cittadino in occasione degli spettacoli. Le grandi scale all’esterno servivano di accesso alla cavea con i sedili per gli spettatori. Poteva accogliere fino a 20.000 spettatori. Si conserva ancora gran parte della gradinata e della galleria superiore, riservata alle donne. Il livello dell’arena è inferiore a quello dell’area esterna, segno che, come il Colosseo, l’edificio fu in parte edificato in alzato e in parte incassato nel terreno. Nell’arena si svolgevano le lotte dei gladiatori. Una solenne sfilata apriva i giochi; i lottatori indossavano pesanti armature da parata decorate, con elmi, daghe, scudi e gambali. Nel 59 d.C. il tifo degli spettatori sfociò in una sanguinosa rissa fra Pompeiani e Nucerini e l’avvenimento fu riportato in un famoso dipinto pompeiano. A seguito dei disordini il Senato di Roma decretò la chiusura dell’arena di Pompei  per dieci anni, ma il provvedimento venne ritirato nel 62 d.C., a seguito del terremoto che colpì la città. La maggioranza delle armi gladiatorie, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fu rinvenuta invece nel foyer dei teatri, adibito negli ultimi anni di vita della città a Caserma dei Gladiatori.

 


- Uno sguardo nella storia - Una città senza tempo - Itinerario - 1° parte -

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